Finocchieto è uno di quei piccolissimi centri meno noti della bassa Umbria che, sebbene lontani dalle grandi vicende della storia, hanno pur sempre qualcosa da raccontare; scorci suggestivi, pietre, opere d’arte, l’armonia dell’architettura suscitano nel visitatore un piacere antico delle cose, rivelano un universo forse limitato ma denso di significato. Le origini di Finoccchieto risalgono senza dubbio all’epoca feudale, cioè al tempo in cui sovrani ed altri signorotti concedevano a qualche valvassino una tenuta incolta per coltivarla con la speranza di fabbricarvi un castello o una villa per alloggiare i coloni. Dal regesto farfense si apprende che nell’anno 813 Acerisio, figlio dello sculdascio Teudemondo, dona al monastero di S. Maria di Farfa i beni lasciatigli dai suoi fratelli e posti in Fenocletto. Il 16 febbraio 1225 Onorio III, con Bolla diretta ai canonici di S. Giovenale, assumeva sotto la protezione di S. Pietro i beni della Chiesa di Narni, gravati da enormi balzelli e dazi dal comune. Gregorio VIII nel 1227 confermava alla Chiesa narnese tutti i propri beni alla persona di Berardo, preposto della cattedrale. Nell’annuale ricorrenza di S.Giovenale, Finocchieto doveva pagare alla cattedrale, insieme ai vicini castelli di Rocca Carlea e di Aguzzo, il tributo di un cero di 5 libbre. Il 3 febbraio 1277 il sindaco di Finocchieto e i sindaci di Capitone, Balduino, Lugnola e Rocca Carlea, dichiararono che i detti castelli per longa et longissima tempora appartenevano ed erano appartenuti alla città di Narni. Da rogito di Nicola Quiricutio de Manasseis, notaio di Terni, si ha notizia che, in data 3 febbraio 1429, Iutia Cioli di Pietro di Finocchieto donò ad un agostiniano del castello di Lugnola un appezzamento di terreno posto nel territorio di Finocchieto, in vocabolo Valle Rantana. Le notizie storiche di questo castello- scarse e saltuarie- si annodano da questo momento a quelle dei castelli vicini. Si sa che nel 1527 fu orribilmente saccheggiato nei boschi e nelle vigne, nei casolari e nelle messi dall’esercito di tedeschi e spagnoli comandati dal principe d’Orange, stabilitosi a Narni. Nel 1543, stando ad un documento conservato presso l’Archivio comunale di Narni, sorse una controversia tra la comunità di Finocchieto e quella limitrofa di Castiglione per la delimitazione dei confini tra i due castelli. Storia semplice quella del piccolo borgo, strettamente legato alla vicina, potente Narni; liti per diritti di pascolo, per i confini, con le comunità limitrofe, scontri con Rocca Carlea erano forse gli unici avvenimenti che venivano a turbare la vita di tutti i giorni, distogliendo l’attenzione da quelle che dovevano essere le occupazioni prevalenti degli abitanti: l’agricoltura e la pastorizia. Memore di incontri più importanti, l’angusta piazzetta che ci accoglie si affaccia sulla valle sottostante ove, oltre boschi e campi coltivati, si innalza, quasi a voler toccare la linea dell’orizzonte, l’imponente palazzo baronale di Coppe, un dì del Cardoli, oggi della famiglia Malvetani; a sinistra, in basso, la fertile pianura di Vascigliano conserva sicuramente in sé resti di passato ormai remoto. Percorrendo il perimetro esterno dell’abitato appare evidente la struttura dell’antico castello circondato da mura costituite, per gran parte, dalle abitazioni stesse sulle quali, certo, non dovevano esistere tutte le aperture oggi visibili. La prima porta d’ingresso, costruita con conci quadrati e scalpellati, è chiusa in alto da un arco a tutto sesto e da una cornice di mattoni rossi sporgenti a punta. Al centro dell’arco una iscrizione del seguente tenore: M (ASTRO) PETRU LUCA- 1449. La chiesa parrocchiale, improntata a quel semplice romanico, tipico delle costruzioni in ambiente rurale è dedicata a S. Vincenzo martire, diacono di Saragozza. Fu probabilmente edificata verso la fine del sec. XIII sul mastio del primitivo castello. Il portale, raggiungibile salendo i gradini, con gli stipiti in blocchi di pietra, termina in alto con l’architrave in spesso monolite. In un travertino, a destra, sono scolpiti elementi figurativi a rilievo e delle scritte, una mano con l’indice teso ad indicare il nome dello scalpellino ( Abatino De Guasparo de castro Fenocleti) sotto, una colomba sopra un ramoscello d’ulivo ed al centro il monogramma di S. Bernardino. A sinistra, in un tondo chiuso da mattoni rossi, appare la seguente iscrizione: SANCTUS VINCENTIUS BEATUS LIBERASTI QUI ISTUM CASTRUM. All’interno la chiesa si presenta ad una navata rettangolare terminante sul fondo nell’abside con due finestrelle. La copertura è realizzata con travicelli di legno ed è sostenuta da quattro arcate ogivali. Superata la porta d’ingresso si può ammirare la acquasantiera decorata con elementi floreali risalente al 1489; sul lato destro della navata, entro una nicchia, una Madonna in trono con bambino, opera del XVIII secolo. Poco fuori del centro storico troviamo una chiesina rurale ad unica navata costruita nel 1649 e intitolata alla Madonna del Carmine; poco più lontano, in prossimità del cimitero, sorge un piccolo oratorio dedicato alla Vergine ed edificato nel 1530. Patrono del luogo è S. Vincenzo diacono di Saragozza, martorizzato nel IV secolo durante l’impero di Diocleziano cui è intitolata la chiesa principale; l’anniversario della sua morte viene ricordato ogni anno, il 22 gennaio, con una solenne e sentita festa popolare.